Come Fred Aistaire e Gene Kelly, Vincenzo Fesi balla il tip tap, il lindy hop, il balboa e tutti gli stili di ballo del jazz. Occhi nerissimi, carnagione scura e un sorriso contagioso, Vincenzo sembra uscito da un film degli anni ’40 e, come accadeva nelle ballroom di Harlem a New York, con le sue performance entusiasma le platee di mezzo mondo. Washington, Parigi, Londra, Berlino e Stoccolma sono solo alcune delle città in cui va in scena un weekend si e uno no. Più famoso all’estero che nel belpaese, Vincenzo è la “star italiana” che brilla nella movimentata scena dello swing mondiale. Negli ultimi tempi anche l’Italia sembra aver scoperto il fascino di questi balli perduti. Da nord a sud c’è un vero e proprio fermento culturale legato indissolubilmente alla musica, alla danza e alla moda vintage.
Comasco di nascita, ma vero e proprio globetrotter, Vincenzo Fesi anima come ballerino, insegnante e coreografo i festival swing di America, Asia, Australia ed Europa; appena può però torna a Roma, la città che da qualche anno lo ha preso in adozione. A Como dal 2006 è padrone di casa, organizzatore e ideatore di “Swing Crash” con Isabella Gregorio, sua partner storica nel mondo della danza. Ispirandosi a vecchi film e giornali dell’epoca d’oro dello swing hanno dato vita a un festival che con orchestre e centinaia di ballerini trasforma le piazze della città in un luogo magico; il prossimo appuntamento è dal 21 al 25 giugno del 2017.
Lo abbiamo visto il mese scorso ballare in tv con Renzo Arbore, ha presentato lo spettacolo ideato da Voodoo Deluxe al Carnevale di Venezia ed è stato il primo a portare la danza all’interno della 38° edizione del Roma Jazz Festival (2014) curando un progetto coreografico con l’Orchestra Operaia di Massimo Nunzi. Non chiamiamolo ballerino! Vincenzo Fesi canta, conduce show e spettacoli alla radio ed è un abile narratore della storia e cultura della Jazz Era. Ma attenzione: la danza accademica è un’altra faccenda, lo swing richiede improvvisazione e una grande propensione al divertimento. Negli anni ’30 lo swing era la pop music americana, niente a che vedere con le belle ma difficili sonorità del jazz che spesso risultano ostiche a un orecchio poco esperto.
Oggi come allora, lo swing ti prende la pancia e ti fa sentire leggero, non è un caso che durante la Grande Depressione del 1929 sia stato il genere più ascoltato (e ballato) di tutta l’America e che il suo ritorno è vissuto come un inno alla spensieratezza. Il passo per diventare appassionati di vintage è breve; ogni ballerino che si rispetti ha un guardaroba fatto di capi retrò. Vincenzo Fesi organizza workshop intensivi destinati a principianti e professionisti in tutta Italia, tiene corsi di lindy hop a Como e sostiene che solo provando si può capire l’energia di questo ballo meraviglioso. Lo swing è contagioso e crea dipendenza.
Scritto da Fabrizia Ferazzoli per www.diregiovani.it